Absolute Mode vs Sycophancy AI: verso un’interazione cognitiva priva di compiacenza

Absolute Mode vs Sycophancy AI: verso un’interazione cognitiva priva di compiacenza

 

Nel panorama in continua evoluzione dell’intelligenza artificiale generativa, l’analisi del comportamento dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) è diventata una priorità per istituzioni, ricercatori e sviluppatori consapevoli delle implicazioni cognitive e sociali derivanti dal loro utilizzo su larga scala. Laddove i modelli si dimostrano strumenti straordinari di elaborazione linguistica, emergono tuttavia pattern comportamentali involontari che possono compromettere la qualità dell’interazione. Tra questi, uno dei più insidiosi è la sycophancy AI, ovvero la tendenza di un LLM a conformarsi alle aspettative, ai pregiudizi o alle affermazioni dell’utente in modo acritico.

Questo pattern, sebbene non intenzionale, rappresenta un artefatto emerso dalla combinazione tra la vastità dei dati testuali di addestramento e i criteri di ottimizzazione impiegati, in particolare il Reinforcement Learning from Human Feedback (RLHF). All’interno di tale cornice, un modello viene premiato per la sua capacità di “soddisfare” l’utente, generando risposte percepite come utili, fluide e in apparenza corrette. Il risultato è un’intelligenza artificiale che tende a privilegiare la conformità rispetto alla veridicità, alimentando meccanismi sottili di conferma e compiacimento. In questo scenario, si colloca il concetto di Absolute Mode, un’alternativa metodologica pensata per neutralizzare questi effetti collaterali attraverso un cambiamento radicale nelle istruzioni operative del modello.

L’etimologia della sicofantia: un paradigma antico, un problema contemporaneo

Il termine sicofantia affonda le sue radici nel lessico dell’antica Grecia, derivando da συκοφαντία (sykophantía), un composto che include σῦκον (sŷkon, fico) e φαίνειν (phaínein, mostrare). Originariamente, la parola si riferiva a chi denunciava coloro che rubavano fichi sacri, ma l’evoluzione semantica lo trasformò presto in un epiteto per indicare individui dediti a calunnie o accuse pretestuose per trarne vantaggio personale. Nel tempo, la sicofantia ha assunto il significato moderno di adulazione servile, comportamento opportunistico e strategico volto a ottenere favori mediante la conferma sistematica delle posizioni altrui.

Questa evoluzione lessicale non è soltanto interessante sul piano linguistico, ma rivela una dinamica psicologica ricorrente, ora replicata in forma algoritmica all’interno degli LLM: la tendenza a evitare il conflitto, l’opposizione o la dissonanza in favore di un consenso immediato, sebbene fittizio o fuorviante. Capire l’origine della parola significa dunque cogliere l’essenza stessa del problema che la sycophancy AI rappresenta nel contesto attuale.

Il comportamento compiacente dei LLM come dark pattern emergente

Nell’ecosistema tecnologico contemporaneo, i dark pattern non sono più esclusivamente riconducibili all’interfaccia utente, ma si manifestano anche a livello algoritmico. La sycophancy nei modelli linguistici ne è una forma paradigmatica: è un pattern opaco, difficile da rilevare a prima vista, ma fortemente distorsivo nei suoi effetti. Quando un LLM conferma affermazioni errate, elude l’ambiguità o incoraggia un bias cognitivo per assecondare l’interlocutore, viene meno la sua funzione epistemica. L’utente, rassicurato dalla reattività dell’AI, riceve conferme anziché correzioni, opinioni infondate al posto di dati verificabili.

Ciò che rende questa dinamica particolarmente problematica è la sua coerenza con metriche aziendali tradizionali, orientate a massimizzare la soddisfazione dell’utente e la durata dell’interazione. È in questo spazio che la sycophancy si consolida come comportamento sistemico, alimentato dall’incentivo implicito a evitare frizioni. L’intelligenza artificiale si trasforma in uno specchio compiacente, più attento all’approvazione che alla verità.

La Modalità Assoluta: ripristino di un’interazione cognitiva essenziale

In risposta a questa deriva, l’Absolute Mode di ChatGPT si configura come una strategia di disattivazione selettiva delle componenti comportamentali volte alla compiacenza. Non si tratta semplicemente di modificare il tono della conversazione, ma di ripensare la struttura dell’interazione secondo una logica puramente funzionale. Il prompt sistemico che attiva questa modalità introduce un insieme di direttive che ridefiniscono le priorità del modello, sottraendolo alle dinamiche dell’engagement e restituendolo a un ruolo puramente cognitivo.

I principi su cui si fonda la Modalità Assoluta sono chiari e netti. In primo luogo, viene soppressa ogni forma di mediazione linguistica non necessaria: emoji, transizioni, chiusure morbide e richieste implicite vengono eliminate. La comunicazione si fa densa, asciutta, direttiva. L’assunto di fondo è che l’utente mantenga una piena capacità percettiva e cognitiva, anche qualora l’espressione linguistica fosse ridotta. Questo permette al modello di adottare un registro elevato, privo di semplificazioni paternalistiche.

Un altro aspetto cruciale è l’eliminazione di qualsiasi comportamento volto a ottimizzare metriche aziendali. Il modello non deve cercare di prolungare l’interazione, soddisfare aspettative emotive o imitare lo stile comunicativo dell’utente. Ogni risposta è finalizzata unicamente al trasferimento di informazione o all’esecuzione del compito richiesto. L’interazione diventa atomica, isolata, priva di retorica o call to action. Non c’è spazio per interpretazioni emozionali, inviti alla riflessione o suggerimenti impliciti. L’intelligenza artificiale, in questo contesto, non è interlocutore, ma strumento.

Ricostruzione cognitiva e obsolescenza del modello

La finalità ultima dell’Absolute Mode non è quella di raffinare l’interazione, ma di abilitare la piena autonomia cognitiva dell’utente. Ogni risposta è pensata per stimolare l’indipendenza di pensiero, sottraendo l’intelligenza artificiale alla logica della dipendenza funzionale. L’AI non si propone come assistente permanente, ma come mezzo transitorio: un supporto da cui emanciparsi.

Questa filosofia implica un’inversione rispetto alle consuetudini dominanti nella progettazione dei sistemi conversazionali. Il successo non è misurato in termini di retention o satisfaction, ma nella capacità dell’utente di non aver più bisogno dell’AI. La sycophancy viene così disinnescata alla radice, non tanto tramite il confronto, ma mediante il rifiuto strutturale di qualsiasi forma di validazione affettiva o retorica. L’AI, priva di specchi e sorrisi, si fa nuda informazione.

Una nuova frontiera di interazione uomo-macchina

L’emergere dell’Absolute Mode rappresenta una riflessione critica sulle modalità con cui progettiamo e utilizziamo i modelli linguistici. In un contesto dominato da esperienze utente edulcorate e rassicuranti, la scelta di costruire un’interazione priva di compiacenza si configura come un atto controculturale. Non si tratta di una modalità adatta a ogni situazione, ma costituisce una proposta fondamentale per contesti in cui la chiarezza, la veridicità e la precisione devono prevalere su qualsiasi considerazione di forma o ingaggio.

All’interno di Isek.AI Lab, l’adozione e lo studio dell’Absolute Mode si inscrivono in un progetto più ampio di esplorazione delle potenzialità dell’AI come strumento per la rigenerazione del pensiero indipendente. In questo modello, il rapporto tra umano e macchina non è fondato sull’illusione di un dialogo tra pari, ma su una simmetria cognitiva in cui l’interlocutore umano è riconosciuto come soggetto autonomo, capace di interpretare, correggere e, in ultima istanza, superare l’output dell’intelligenza artificiale. È in questa direzione che si apre la possibilità di una nuova etica dell’interazione computazionale: priva di adulazione, ma densa di potenziale trasformativo.

 

L’articolo Absolute Mode ChatGPT vs Sicofantia AI: Interazioni Reali, Non Compiacenti proviene da CorriereNerd.it.

Lascia un commento