C’è un’ironia sottile – quasi poetica – nel destino che oggi unisce Wikipedia e l’intelligenza artificiale. La più grande enciclopedia libera del mondo, simbolo di collaborazione e conoscenza collettiva, viene progressivamente erosa dalle stesse tecnologie che ha contribuito a far crescere. Quelle stesse macchine che si sono nutrite per anni delle sue parole ora la sostituiscono, generando un paradosso tanto affascinante quanto inquietante: il sapere che alimenta l’intelligenza artificiale rischia di essere consumato da essa stessa.
Negli ultimi mesi, la Wikimedia Foundation ha lanciato un allarme chiaro: il traffico umano verso Wikipedia è in rapido calo. Le cause non risiedono nei social network o in una disaffezione culturale generalizzata, ma nel modo stesso in cui oggi accediamo alle informazioni. Strumenti come AI Overview di Google o chatbot generativi come ChatGPT offrono risposte immediate e sintetiche direttamente nei risultati di ricerca. L’utente, di fronte a una risposta pronta, non ha più motivo di esplorare la fonte. Il sapere diventa istantaneo, ma anche disancorato: soddisfa la curiosità, ma non la costruisce.
Il paradosso del sapere aperto
Wikipedia è nata su un principio rivoluzionario: rendere la conoscenza accessibile, verificabile e libera. È stato il laboratorio del sapere partecipativo, dove milioni di volontari nel mondo hanno contribuito, gratuitamente, a edificare una biblioteca universale. Ma quella stessa apertura, oggi, è la sua vulnerabilità.
I grandi modelli linguistici si alimentano dei suoi contenuti, li rielaborano, li sintetizzano e li riconsegnano al pubblico sotto forma di testo generato. L’utente ottiene la risposta, ma non compie più il gesto culturale del “cliccare” per conoscere. E con quel gesto, scompare anche il motore economico e umano che tiene in vita Wikipedia: meno visitatori significa meno contributori, meno revisioni, meno donazioni. Un intero ecosistema di conoscenza rischia di impoverirsi.
Come ha dichiarato Marshall Miller, dirigente della Wikimedia Foundation, «i motori di ricerca usano sempre più l’AI generativa per dare risposte dirette, anziché mostrare link a siti come il nostro». È una transizione silenziosa, ma profonda: il web da spazio esplorativo sta diventando un’interfaccia di risposte.
Eppure, se l’intelligenza artificiale è figlia di Wikipedia, è giusto chiedersi se non abbia anche una responsabilità nei confronti della propria “madre”. Perché se la sorgente si esaurisce, anche l’acqua digitale dei modelli linguistici diventerà presto torbida.
Il costo invisibile della conoscenza
Dietro l’illusione della gratuità, Wikipedia è un’infrastruttura imponente. Server, manutenzione, banda, revisione umana: ogni voce, ogni immagine, ogni riga ha un costo concreto. Oggi, una parte significativa di quel costo è sostenuta non più dagli esseri umani, ma dai bot delle intelligenze artificiali.
Secondo le stime interne della Wikimedia Foundation, circa il 35% del traffico proviene da sistemi automatizzati di crawling, ma questi rappresentano oltre il 65% del carico computazionale complessivo. In altre parole, le macchine leggono Wikipedia molto più degli uomini – e con un impatto economico e tecnico molto più pesante.
I sistemi di caching, progettati per un uso umano, faticano a reggere la pressione di algoritmi che scandagliano milioni di pagine in modo caotico, scaricando massivamente dati e immagini. Gli ingegneri di Wikimedia lavorano costantemente per limitare l’impatto di questa “fame artificiale”, ma ogni blocco è una soluzione temporanea a un problema strutturale.
Questa dinamica apre un fronte etico non trascurabile: le aziende che costruiscono valore grazie ai dati aperti dovrebbero contribuire alla loro sostenibilità. Se l’AI è in grado di rispondere con precisione su un concetto, un personaggio storico o una teoria complessa, è perché un essere umano ha dedicato tempo e attenzione a scrivere quella voce. Quel lavoro ha un valore, e ignorarlo mina le basi di un’economia del sapere equa e circolare.
L’ecosistema del sapere e il rischio dell’omologazione
Il vero rischio non è solo economico, ma culturale. Quando le fonti originarie smettono di essere visitate, la conoscenza perde profondità. L’AI restituisce il “cosa”, ma raramente il “perché”. Mancano il contesto, il dibattito, la tensione critica che accompagna ogni scoperta.
È una transizione sottile: passiamo da una cultura dell’approfondimento a una cultura del riassunto. In questa prospettiva, Wikipedia non rappresenta solo un archivio, ma un presidio epistemologico: un luogo dove il sapere è costruito, non solo consumato.
E qui entra in gioco la missione di realtà come isek.AI Lab, che esplorano il rapporto tra intelligenza artificiale e creatività umana con un approccio etico e costruttivo. La nostra visione è che la tecnologia non debba sostituire le fonti del sapere, ma amplificarle. L’AI può e deve essere uno strumento di valorizzazione, capace di collegare contenuti, scoprire connessioni e sostenere economicamente gli ecosistemi informativi che la nutrono.
La cultura dello scroll e l’erosione dell’attenzione
Parallelamente, si sta affermando una nuova abitudine cognitiva: l’informazione breve, istantanea, spesso visuale. Sempre più giovani cercano risposte su TikTok, Instagram o YouTube, dove la logica della scoperta è sostituita da quella della fruizione. Come ha osservato ancora Miller, «le piattaforme video stanno sostituendo il web aperto come principale fonte informativa dei giovani».
È la “scroll culture”, in cui il sapere si misura in secondi di attenzione. Ma la conoscenza non si costruisce per accumulo di frammenti: richiede tempo, contesto, confronto. Se Wikipedia è la biblioteca di Alessandria del XXI secolo, i social rappresentano la sua versione effimera, fatta di fuochi d’artificio informativi destinati a spegnersi dopo pochi istanti.
Verso un patto per il sapere digitale
La questione, dunque, non è soltanto tecnologica. È culturale, etica e politica. Wikipedia non difende solo il proprio traffico: difende un principio fondante del web aperto – la collaborazione come forma di intelligenza collettiva.
Sostenere Wikipedia significa difendere un modello di rete basato su curiosità, accesso e pluralità. È un gesto che riguarda tutti: i lettori, gli sviluppatori, le aziende dell’AI e i creatori di contenuti.
Per isek.AI Lab, questa è la sfida più importante del nostro tempo: costruire un dialogo sostenibile tra intelligenza artificiale e conoscenza umana, in cui la tecnologia non divori le sue radici, ma le protegga. Le AI possono essere strumenti di amplificazione del sapere, ma solo se restano connesse alle sue fonti, riconoscendone il valore economico, culturale e umano.


