C’è un’immagine che attraversa il tempo e lo spazio: un uomo anziano, dal volto sereno e dalla barba bianca, che porta doni e sorrisi durante le notti d’inverno. È Babbo Natale, simbolo universale della generosità e della festa. Ma ciò che spesso dimentichiamo è che questa figura, così radicata nel nostro immaginario collettivo, non nasce da un mito antico né da una tradizione popolare, bensì da un’intuizione creativa e da una campagna pubblicitaria.
Nel 1931, nel pieno della Grande Depressione americana, Coca-Cola decise di portare calore nelle case con una serie di illustrazioni natalizie destinate a cambiare per sempre l’iconografia del Natale. A firmarle fu Haddon Sundblom, artista finlandese-americano che trasformò un santo austero in una figura gioiosa e accogliente: un nonno bonario, vestito di rosso, che incarnava non solo la generosità ma anche la speranza. Con il suo pennello, Sundblom costruì un simbolo globale e, di fatto, diede al Natale un volto.
Dal pennello all’algoritmo
Novant’anni dopo, Coca-Cola riscrive quella stessa magia con strumenti completamente diversi. Il suo spot natalizio del 2025, Holidays Are Coming, non nasce più in uno studio di disegno, ma all’interno di un’infrastruttura di calcolo. L’intera produzione è stata affidata a modelli generativi di intelligenza artificiale, capaci di creare immagini e sequenze video a partire da istruzioni testuali.
Il progetto, seguito da un team internazionale di cento persone e cinque “AI wrangler” — figure professionali emergenti dedicate al controllo e alla rifinitura dei risultati generati — ha dato vita a oltre 70.000 clip prodotte da sistemi come Sora 2 e Veo 3. Il risultato è un film pubblicitario che unisce realismo e surrealtà: orsi polari danzanti, paesaggi digitali e luci sintetiche costruiscono un immaginario che sembra sospeso tra sogno e simulazione.
Ma dietro la perfezione dei pixel si nasconde una domanda cruciale: può l’intelligenza artificiale restituire la stessa emozione che un tempo nasceva da un pennello e da un’idea umana?
L’estetica del Natale digitale
Dal punto di vista tecnico, lo spot rappresenta un’evoluzione straordinaria nel campo del marketing visivo. Le tecniche generative hanno ridotto i tempi di produzione da un anno a poche settimane, ottimizzando risorse e processi creativi. “Prima ci serviva un anno per preparare uno spot natalizio. Ora lo facciamo in un mese”, ha dichiarato Manolo Arroyo, Chief Marketing Officer di Coca-Cola.
Eppure, dietro l’efficienza, resta una sensazione di distanza. L’algoritmo è impeccabile nella composizione, ma sterile nell’intenzione. Le imperfezioni del tratto, le sfumature emotive di uno sguardo dipinto, la vulnerabilità dell’artista che trasferisce su tela la propria visione del mondo — tutto questo scompare nell’ordine matematico del codice.
Ciò che resta è un’immagine potente ma fredda: una magia senza calore, un sogno ricostruito con logiche statistiche. È la stessa sensazione che molti avvertono di fronte ai contenuti generati dall’AI: una meraviglia estetica priva di quella scintilla di umanità che trasforma un’immagine in un’esperienza.
L’intelligenza artificiale come nuovo linguaggio culturale
Da questa prospettiva, la storia del Babbo Natale di Coca-Cola diventa una metafora perfetta della nostra relazione con la tecnologia. Nel 1931, un illustratore usò il suo talento per tradurre in immagini il desiderio collettivo di speranza. Oggi, un algoritmo interpreta gli stessi sentimenti attraverso milioni di parametri. La differenza non sta tanto nel risultato visivo, quanto nel processo creativo che lo genera.
Come sottolineano le ricerche di isek.AI Lab, l’AI non è solo uno strumento tecnico, ma un nuovo linguaggio culturale, capace di ridefinire la percezione stessa della creatività. La pubblicità generativa, in questo senso, non è solo una frontiera produttiva: è un terreno di sperimentazione etica ed estetica. Sostituendo l’artigianato umano con l’automazione cognitiva, il marketing entra in una nuova era in cui la narrazione diventa condivisa tra persone e macchine.
Il rischio, tuttavia, è quello di perdere il senso originario dell’immaginazione come atto umano. Quando la magia viene tradotta in codice, il racconto rischia di smarrire il proprio cuore.
Il futuro dell’emozione artificiale
L’evoluzione dell’intelligenza artificiale applicata alla comunicazione è inevitabile e affascinante. Le aziende la abbracciano per necessità economiche e ambizione innovativa; i creativi la osservano con curiosità e timore. Tuttavia, l’obiettivo non dovrebbe essere quello di sostituire l’intuizione umana, ma di amplificarla.
Il Natale generativo di Coca-Cola non è un fallimento, ma un segnale. È la dimostrazione che l’AI può produrre meraviglia visiva, ma che l’emozione autentica rimane ancorata a qualcosa che nessuna macchina può replicare: la capacità umana di credere.
E forse è proprio questa la lezione più profonda. Nel 1931, un artista disegnò un sogno collettivo; oggi, un algoritmo ne aggiorna la forma. Ma la sostanza resta la stessa: la magia non vive nei pennelli né nei pixel, bensì nello sguardo di chi sa ancora lasciarsi stupire.
isek.AI Lab esplora questi confini, dove la creatività incontra la tecnologia e l’intelligenza artificiale diventa non solo strumento, ma interlocutore culturale. Il caso Coca-Cola non è solo una curiosità natalizia: è un capitolo nella storia più ampia della nostra evoluzione digitale, un invito a riflettere su come vogliamo abitare il futuro — con la mente degli algoritmi e il cuore dell’immaginazione.


