Immaginate di svegliarvi una mattina, afferrare lo smartphone dal comodino e, invece delle solite notifiche o di un messaggio di buongiorno, trovarvi davanti al video nitido del sogno appena vissuto. Non si tratta della trama di un nuovo episodio di Black Mirror né del sequel di Inception, ma di uno scenario scientificamente plausibile, che l’intelligenza artificiale sta contribuendo a rendere sempre più concreto.
Sembra fantascienza, eppure i primi passi verso questo traguardo sono stati compiuti più di un decennio fa. Nel 2013, un gruppo di ricercatori dell’ATR Computational Neuroscience Laboratories di Kyoto, guidato dal neuroscienziato Yukiyasu Kamitani, ha realizzato un esperimento pionieristico. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI) combinata con algoritmi di apprendimento automatico, il team è riuscito a decodificare immagini visive associate ai sogni di alcuni volontari. Durante la fase REM, i partecipanti venivano risvegliati e invitati a descrivere ciò che stavano sognando. Quelle descrizioni venivano poi confrontate con le immagini viste da svegli e correlate all’attività cerebrale registrata durante il sonno.
Il risultato? Immagini sfocate, statiche, imperfette – ma autentiche. Un primo, incerto trailer di ciò che si cela dietro le quinte dell’inconscio. Da allora, il progresso tecnologico ha fatto un balzo in avanti, portandoci sempre più vicini alla possibilità di “filmare” la mente che sogna.
Dal sogno alla veglia: l’IA come ponte tra mondi
Oggi, grazie a modelli sempre più sofisticati di intelligenza artificiale, la ricerca giapponese è in grado di decifrare non solo i sogni notturni, ma anche le immagini mentali evocate da svegli. Un traguardo che ridefinisce i confini tra immaginazione e percezione, tra veglia e sogno, e apre scenari inediti nella comprensione della coscienza.
L’intelligenza artificiale si propone così come chiave d’accesso a uno dei territori più misteriosi e affascinanti dell’esperienza umana: il mondo onirico. Un luogo fatto di simboli, visioni, intuizioni – ma anche di paure, desideri e memorie latenti. Un archivio emotivo che, finora, potevamo esplorare solo attraverso il linguaggio o la psicoanalisi. Ora, potremmo farlo attraverso immagini reali, generate a partire dalla nostra stessa attività cerebrale.
L’arte del sogno: quando la creatività incontra la tecnologia
L’arte non è rimasta indifferente a questa rivoluzione. In Italia, il collettivo creativo Fuse ha dato vita a un progetto visionario: Onirica. L’installazione si basa su una “banca dei sogni” alimentata da migliaia di testimonianze raccolte online. Grazie a tecnologie di text-to-image basate su IA – simili a quelle usate per generare arte generativa – questi racconti onirici sono stati trasformati in video e opere visive di grande impatto emotivo.
Onirica ci mette di fronte a uno specchio che riflette non il nostro volto, ma il nostro inconscio. Guardare questi sogni altrui – frammenti visivi sospesi tra l’inquietudine e il meraviglioso – è un’esperienza al tempo stesso voyeuristica e profondamente umana. Ci ricorda quanto sia potente la nostra mente e quanto ancora ne sappiamo poco.
Il sogno lucido, pilotato da un algoritmo
Accanto alla decodifica dei sogni, la tecnologia ha iniziato a esplorare un’altra dimensione affascinante: l’induzione del sogno lucido. È questo l’ambizioso obiettivo di Morpheus-1, un sistema sviluppato dalla startup americana Prophetic. Il nome – evocativo sia del dio greco dei sogni che del celebre personaggio di Matrix – introduce un’intelligenza artificiale progettata per guidare e stabilizzare i sogni in cui il sognatore è consapevole di stare sognando, e può agire come regista della propria narrazione notturna.
Il cuore del sistema è un dispositivo chiamato The Halo, che interpreta l’attività cerebrale in tempo reale e invia impulsi ultrasonici per stimolare specifiche aree della corteccia. L’obiettivo è sincronizzare la mente con le condizioni ottimali per il sogno lucido, permettendo all’utente di entrare volontariamente in quello stato e mantenerlo con maggiore stabilità.
Se oggi tutto ciò appare ancora sperimentale, le sue applicazioni future sono tutt’altro che trascurabili. La terapia dei sogni lucidi, ad esempio, è già studiata da anni per il trattamento di incubi ricorrenti, depressione e disturbi post-traumatici. L’IA potrebbe offrire un approccio più mirato, personalizzato e potenzialmente più efficace rispetto ai metodi tradizionali. Ma solleva anche interrogativi etici rilevanti: chi controlla l’accesso ai nostri sogni? È giusto manipolarli? E, soprattutto, fino a che punto restano davvero “nostri”?
Allenare il sogno: il diario come palestra dell’inconscio
Nel frattempo, anche la ricerca sui sogni cosiddetti “classici” – quelli che sfuggono alla memoria al risveglio – sta facendo luce su come ricordarli meglio. Uno studio della Scuola IMT Alti Studi di Lucca ha dimostrato che la capacità di ricordare i sogni non dipende dal caso, ma da una serie di fattori: l’età (i giovani tendono a ricordare di più), la qualità del sonno, la tendenza al mind-wandering (cioè al vagabondaggio mentale) e, soprattutto, il valore attribuito all’esperienza onirica.
Anche il contesto ambientale gioca un ruolo: pare che la primavera favorisca la vividezza dei sogni, forse per via della maggiore esposizione alla luce naturale. La mente, in altre parole, può essere allenata come un muscolo. Tenere un diario dei sogni, discuterne, meditarci sopra: sono tutte pratiche che migliorano la connessione tra coscienza e inconscio.
Un cinema dentro il cervello?
Tutto questo ci porta a riflettere su una possibilità straordinaria: e se i sogni non fossero soltanto un rifugio della psiche, ma un laboratorio per l’innovazione? Se potessimo rivederli, analizzarli, trasformarli in arte o usarli come strumenti diagnostici per stati emotivi e patologie mentali?
In un futuro non troppo lontano, potremmo trovarci a navigare tra sogni come si naviga tra file di una libreria digitale, scegliendo cosa rivedere, cosa condividere, cosa eliminare. Il cervello come un nuovo cinema. Noi, spettatori e autori delle nostre visioni più intime.
Il futuro dell’intelligenza artificiale applicata ai sogni non è più solo materia da film. È realtà, o quanto meno una realtà in costruzione. Una realtà che affascina, incuriosisce – e, a tratti, inquieta. Perché sognare è ancora un atto profondamente umano. Ma presto, forse, sarà anche tecnologico.
L’articolo Dentro il sogno: come l’intelligenza artificiale sta trasformando l’inconscio in realtà visiva proviene da CorriereNerd.it.