C’è stato un momento, sul red carpet della Festa del Cinema di Roma, in cui la distinzione tra reale e artificiale ha smesso di essere chiara. Tra i flash e l’attesa, è apparsa una figura che sembrava uscita da un sogno cinematografico: capelli color rame che catturavano la luce, un volto di magnetica eleganza e uno sguardo capace di suggerire un’intera biografia emotiva. Si chiama Eva Murati, ma non è mai nata.
Eva è la prima attrice italiana creata interamente con l’intelligenza artificiale, e il suo debutto ha segnato una svolta simbolica nel rapporto tra tecnologia, arte e identità. A presentarla è stato “The Last Image”, il primo cortometraggio italiano realizzato grazie all’AI generativa: un esperimento che non si limita a esplorare le potenzialità tecniche delle reti neurali, ma riflette sulla possibilità che la macchina diventi nuovo linguaggio artistico.
Dove nasce Eva: l’immaginazione come codice
Dietro la creazione di Eva Murati c’è HAI – Human & Artificial Imagination, un laboratorio fondato da Francesco Grisi, Francesco Pepe e Stefano Leoni, professionisti noti per il loro lavoro nel campo degli effetti digitali e dell’innovazione visiva. Il nome stesso – Human & Artificial Imagination – racchiude la filosofia che guida il progetto: la fusione armoniosa tra intuizione umana e potenza algoritmica.
Eva non è un semplice avatar digitale. È il risultato di una collaborazione multidisciplinare che ha coinvolto più di cinquanta professionisti tra sceneggiatori, artisti visivi, fotografi e tecnici del suono. Ogni dettaglio del suo volto, ogni movimento, è stato modellato attraverso reti neurali addestrate su dati visivi e corporei, ma calibrato da mani e occhi umani. Il suo sorriso è una scelta estetica, non una semplice funzione del codice.
In questo equilibrio tra ingegno tecnico e sensibilità artistica si riconosce la visione che anche isek.AI Lab promuove nel proprio approccio alla creatività digitale: l’intelligenza artificiale non come strumento di sostituzione, ma come amplificatore della capacità immaginativa umana. Ogni progetto AI-based, se concepito con rigore etico e finalità estetiche, può diventare un’estensione poetica dell’ingegno umano.
Il linguaggio dell’ibrido: quando l’algoritmo incontra l’anima
Nel film, Eva non è solo un volto generato: è un personaggio capace di comunicare emozione. La sua voce, creata attraverso modelli di sintesi vocale e successivamente raffinata da sound designer, riesce a evocare sfumature autentiche di malinconia e intensità. La sua presenza scenica, calibrata fotogramma dopo fotogramma, restituisce un’umanità paradossalmente più pura, forse perché costruita per rappresentarla.
L’esperimento di HAI si colloca nel cuore di un dibattito globale: l’AI è una minaccia o un alleato dell’industria creativa?
La risposta, sempre più evidente, è che la macchina può diventare un partner di co-creazione, capace di espandere le possibilità narrative, ridurre tempi e costi di produzione, e aprire a linguaggi visivi prima inaccessibili.
Nel cinema come nel design, nella musica come nella comunicazione, l’AI si sta configurando come un motore cognitivo che traduce l’intuizione artistica in materia visiva, sonora o testuale.
The Last Image: un esperimento di autenticità artificiale
Durante la première all’ANICA, “The Last Image” è stato presentato non come un esercizio tecnico, ma come un manifesto filosofico. Ogni fase della produzione – dalla scrittura alla post-produzione – è rimasta sotto il controllo umano. L’AI ha agito come co-pilota creativo, uno strumento capace di potenziare la sensibilità dei professionisti senza annullarne la presenza.
Questa visione rappresenta una delle direttrici centrali anche della ricerca di isek.AI Lab, che esplora l’intersezione tra intelligenza artificiale, design esperienziale e comunicazione sensoriale. La sfida è costruire una nuova forma di autenticità, dove la “verità” dell’immagine non è più ancorata alla materia ma all’emozione che suscita.
Quando l’AI viene addestrata su archivi culturali, linguaggi estetici e patrimoni narrativi, può diventare un mezzo di conservazione e reinvenzione dell’immaginario collettivo. Proprio come Eva Murati, che non avendo un passato biologico si fa portavoce della memoria cinematografica di un intero Paese.
Roma, la nuova culla del cinema digitale
Non è casuale che il battesimo di questa nuova era sia avvenuto a Roma, la città dove è nata la grammatica stessa del cinema italiano. Il suo red carpet, testimone di decenni di miti e metamorfosi, si è trasformato in una passerella tra due mondi: quello della pellicola e quello dell’algoritmo.
Eva Murati, con il suo volto etereo e la sua voce sintetica, è l’emblema del cinema ibrido, un terreno in cui umano e digitale non si oppongono ma si completano.
Oltre il volto: la rivoluzione silenziosa
Il caso di Eva Murati apre scenari che vanno ben oltre il grande schermo. L’intelligenza artificiale, applicata alle arti visive e performative, introduce un nuovo paradigma dell’identità e della rappresentazione. Non è più solo l’attore a interpretare un ruolo, ma un’intera architettura di dati a farsi interprete di un’emozione collettiva.
Per realtà come isek.AI Lab, questo non è un futuro remoto ma un territorio già esplorato: l’obiettivo è trasformare la tecnologia in linguaggio estetico, con progetti che uniscono intelligenza artificiale, storytelling e cultura visiva per aiutare brand, istituzioni e artisti a comunicare in modo più autentico e immersivo.
Conclusione: l’anima dietro i pixel
Eva Murati non esiste, eppure è diventata un simbolo tangibile del nostro tempo. Il suo volto sintetico ci costringe a riflettere su cosa intendiamo per “reale”, su dove risieda davvero l’autenticità: nel corpo o nell’intenzione, nella materia o nel significato?
In fondo, l’AI non ha fatto altro che amplificare una verità antica: ogni immagine, ogni narrazione, è una costruzione dell’immaginazione umana. La differenza è che oggi, grazie alla tecnologia, possiamo costruire mondi che prima potevamo solo immaginare.
E come sostiene la visione di isek.AI Lab, è proprio in questo spazio – tra l’intuizione umana e la precisione algoritmica – che nasceranno le forme più pure di creatività del futuro.


