C’è un filo invisibile che unisce la curiosità umana alla capacità di immaginare il futuro. È lo stesso impulso che spinge l’essere umano a interrogarsi sulle leggi che governano l’universo, a esplorare ciò che non conosce, a costruire ponti tra il sapere e l’immaginazione. A Genova, questo filo è diventato una trama viva, intrecciata da milioni di pensieri, scoperte e incontri. Per undici giorni, dal 23 ottobre al 2 novembre 2025, la città si è trasformata in un laboratorio diffuso, in un ecosistema culturale che ha accolto oltre 200.000 visitatori e 25.000 studenti provenienti da tredici regioni italiane e persino dal Portogallo.
La ventitreesima edizione del Festival della Scienza ha confermato la sua natura di fenomeno unico nel panorama europeo: una celebrazione della cultura scientifica che non si limita a divulgare conoscenza, ma la fa vivere, respirare, dialogare. In trentacinque luoghi del capoluogo ligure, la scienza è uscita dai laboratori per incontrare la città, raccontandosi in forme nuove, inclusive, esperienziali.
Scienza come linguaggio universale
Il tratto più affascinante del Festival è la sua capacità di abbattere le barriere tra il sapere specialistico e la curiosità quotidiana. Non un sapere elitario, ma un linguaggio condiviso, accessibile, capace di emozionare. La lectio inaugurale di Guido Tonelli, L’eleganza del vuoto, ha aperto la manifestazione ricordando che dietro le formule della fisica si nasconde una dimensione poetica dell’universo.
Le parole dei Premi Nobel Michel Mayor, scopritore del primo pianeta extrasolare, e Katalin Karikó, pioniera dei vaccini a mRNA, hanno unito la precisione della ricerca alla speranza del futuro, trasformando concetti complessi in visioni umane e tangibili.
L’entusiasmo del pubblico ha confermato quanto la scienza, quando raccontata con autenticità, possa competere in fascino con il cinema o la letteratura. Le sale di Palazzo Ducale, della Biblioteca Universitaria e del Galata sono state prese d’assalto per le conferenze di figure come Michela Matteoli, Marco Panza, Franco Capone, Silvana Condemi e Alessandro Aresu.
La conoscenza che si tocca
Il Festival non è solo ascolto, ma esperienza. Nei laboratori interattivi del Palazzo Ducale, il pubblico ha potuto esplorare progetti come Atlantide e i custodi dell’acqua e Scienza in cucina 2.0, scoprendo come la ricerca possa tradursi in azioni concrete.
All’interno della Borsa di Genova, bambini e adulti hanno vissuto esperimenti che univano arte, logica e immaginazione con Curve, intrecci e matite appuntite o Caccia al tesoro fra le stelle. In Piazza delle Feste, la meteorologia si è fatta gioco con Meteo Detective e E se il vento si scatena?, mentre la Scuola di Robotica ha mostrato la sinergia tra biologia e tecnologia con Danza del DNA.
Anche l’Acquario di Genova si è trasformato in un laboratorio didattico con Operazione testuggine, confermando che la scienza può essere, prima di tutto, empatia con la vita.
Mostre come costellazioni di conoscenza
Diciannove mostre hanno articolato un percorso sensoriale e cognitivo che ha unito ricerca, arte e tecnologia. Dalla poesia cosmica di Specchi di Stelle dell’INAF al viaggio multisensoriale di Terra – il pianeta in 5 sensi dell’INGV, fino alle innovazioni sostenibili dell’Istituto Italiano di Tecnologia con Tecnologie per la sostenibilità, ogni esposizione ha rappresentato una finestra su un diverso universo di idee.
L’Università di Genova ha presentato Infiniti intrecci, l’INFN ha proposto Il cosmo in un salto e il Centro Ricerche Enrico Fermi ha guidato i visitatori in un Viaggio al centro dell’atomo. Il CNR, con progetti come Grande come un virus, Obiettivo Scienza e BlurM3not, ha dimostrato come la complessità del reale possa essere raccontata con chiarezza e bellezza.
Genova come laboratorio del futuro
Il Festival è anche un’anticipazione di ciò che la società può diventare quando scienza, tecnologia e cultura dialogano. L’iniziativa RAISE Village, ospitata al Blue District, ha presentato applicazioni robotiche e sperimentazioni che anticipano i futuri scenari della ricerca applicata, unendo la dimensione tecnica a quella sociale.
Alle Cisterne del Ducale, il progetto Mnesys Brain Arena ha trasformato la neuroscienza in un’esperienza immersiva con Missione Cervello e What’s in our Brain?, dove bambini e adulti hanno potuto esplorare il mistero della mente attraverso il gioco e la percezione.
L’appuntamento Incontriamo la ricerca ha rappresentato uno dei momenti più significativi di questa edizione: un dialogo aperto tra scienziati, enti finanziatori e cittadini, dimostrando che la conoscenza è un bene comune e che il progresso è il risultato di un’intelligenza collettiva.
L’ecosistema umano della conoscenza
Dietro l’impatto culturale del Festival si nasconde un’organizzazione monumentale: oltre 2.500 persone tra scienziati, studenti, volontari e operatori. Un budget di 1,5 milioni di euro, investito quasi interamente sul territorio, ha generato un indotto economico e culturale virtuoso.
Come ha ricordato il presidente Domenico Coviello, “questo evento è una delle piattaforme internazionali più importanti per la divulgazione scientifica, ma il suo vero valore è la partecipazione”. Le sue parole trovano eco in quelle della direttrice Fulvia Mangili, che ha definito il Festival “un ecosistema umano e intellettuale in continua evoluzione”.
Un orizzonte chiamato “Prospettive”
Mentre si chiude il sipario sull’edizione 2025, lo sguardo è già rivolto al futuro. Il tema del 2026 sarà “Prospettive”, un invito a cambiare punto di vista, a superare i confini disciplinari e a costruire nuovi modi di pensare il mondo.
È un titolo che dialoga perfettamente con la visione di Isek.AI Lab, dove la scienza e l’intelligenza artificiale non sono discipline separate, ma strumenti per ampliare lo sguardo umano sul reale. Come il Festival della Scienza, anche la ricerca sull’IA si fonda sullo stesso desiderio di conoscenza, sulla stessa tensione verso il futuro: capire per immaginare, immaginare per creare.
Perché in fondo, ogni forma di scoperta — che si tratti di una particella, di un algoritmo o di un’emozione — nasce dallo stesso motore: la curiosità. E a Genova, ancora una volta, la curiosità è diventata cultura.


