Il futuro del coding con le intelligenze artificiali è un tema che fa battere forte il cuore a chi, come noi nerd e geek, vive circondato da righe di codice, mondi virtuali e fantascienza che ogni giorno sembra meno fantasia e più realtà concreta. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’evoluzione impressionante, una di quelle che ti fa spalancare gli occhi e pensare: “Ma davvero siamo arrivati a questo punto?”. Strumenti come GitHub Copilot, ChatGPT e altri modelli generativi sono passati dall’essere semplici curiosità da laboratorio a veri e propri compagni di scrivania, capaci di trasformare il modo in cui si sviluppa software. Non stiamo più parlando di banali suggerimenti per completare una funzione o di snippet copiati e incollati, ma di assistenti che sanno generare interi moduli, fare refactoring su codice esistente, scrivere test unitari, produrre documentazione, aiutarti a debuggare problemi insidiosi. E tutto questo non solo per i linguaggi “mainstream” come Python, JavaScript o Java, ma anche per linguaggi più di nicchia, shader, smart contract e persino script per videogiochi.
Quindi la domanda sorge spontanea: dove stiamo andando? Personalmente non credo che a medio termine ci stiamo dirigendo verso un futuro in cui l’essere umano viene escluso dalla catena dello sviluppo. Piuttosto, immagino un domani sempre più collaborativo, dove sviluppatori e AI lavorano fianco a fianco come membri di uno stesso team creativo. L’umano diventa l’architetto, il designer, il problem solver, mentre l’AI si occupa del lavoro ripetitivo, noioso, o di quelle operazioni che richiedono pura forza computazionale, come ottimizzare codice o generare mille varianti di uno stesso algoritmo.
Proprio in questa direzione si inserisce Codex, il nuovo strumento di OpenAI che ha recentemente fatto il suo debutto per gli abbonati Pro, Enterprise e Team di ChatGPT. Non stiamo parlando di un semplice upgrade del chatbot capace di scrivere fanfiction più coinvolgenti (anche se, diciamocelo, non ci dispiacerebbe), ma di qualcosa di molto più concreto e potenzialmente rivoluzionario per chi bazzica nel mondo della programmazione. Codex viene presentato come il “prossimo grande prodotto” dopo ChatGPT, e a detta di Sam Altman e soci, le antenne vanno drizzate sul serio. Al momento è incluso negli abbonamenti senza costi aggiuntivi, ma occhio: OpenAI ha già anticipato che in futuro potrebbe avere un prezzo tutto suo, una volta valutato quanto piacerà e quanto sarà utilizzato.
Ma cosa fa, nello specifico, Codex? Immaginatelo come un nuovo collaboratore virtuale, specializzato in codice. L’obiettivo dichiarato da Josh Tobin di OpenAI è proprio questo: trasformare ChatGPT in una sorta di wingman per ingegneri e sviluppatori, capace di capire comandi in linguaggio naturale – italiano, inglese o qualsiasi altra lingua – e tradurli in codice funzionante. Addio alle ore passate a googlare comandi, cercare la sintassi perfetta o districarsi tra mille Stack Overflow: con Codex, basta spiegare cosa vuoi ottenere e lui si occupa del resto.
La magia, però, non si ferma qui. Codex è capace di operare anche su codice esistente all’interno di un ambiente protetto, un cosiddetto sandbox, che garantisce sicurezza e isolamento. Può trovare e correggere bug, eseguire test per verificare che tutto funzioni come previsto, suggerire modifiche per rendere il codice più efficiente, leggibile e pulito. Pensate a quante ore della giornata di uno sviluppatore se ne vanno dietro a un bug sfuggente o alla scrittura di test ripetitivi. Codex promette di automatizzare (almeno in parte) questi compiti, liberando tempo prezioso per dedicarsi a sfide più interessanti e creative. Certo, non aspettatevi miracoli istantanei: un’operazione complessa può richiedere fino a mezz’ora, ma OpenAI punta a renderlo sempre più veloce ed efficiente, capace di lavorare in background anche su task di lunga durata.
Sul piano tecnico, Codex è integrato direttamente nell’app web di ChatGPT, ma con un limite importante (e rassicurante): non ha accesso a Internet. OpenAI ha fatto questa scelta deliberata per ridurre i rischi legati alla sicurezza. Immaginate un’AI capace di scrivere codice e di navigare liberamente online: capite bene le preoccupazioni! Il motore che lo alimenta è una versione super-specializzata del modello di ragionamento o3, personalizzato per capire e generare codice, ribattezzato codex-1.
È interessante notare che OpenAI non vede Codex come un sostituto dei tanti assistenti AI già integrati negli editor (pensiamo a Cursor o Windsurf, e a proposito: girano voci che OpenAI stia trattando per acquistare Windsurf per circa 3 miliardi di dollari!). Lo considera piuttosto uno strumento complementare, che lavora a un livello più alto, quasi come un direttore d’orchestra che coordina e armonizza tutti gli altri strumenti. E la cosa più affascinante è che gli stessi ingegneri di OpenAI lo stanno già usando come una sorta di “lista della spesa mattutina”: gli affidano task di routine e correzioni minori, lasciando che Codex lavori in background mentre loro si concentrano su problemi più complessi. È un esempio lampante di come l’automazione basata sull’AI stia già cambiando il modo di lavorare, partendo proprio da chi l’ha creata.
Ma cosa significa tutto questo per noi e per il futuro del coding? L’arrivo di Codex segna un passo in avanti decisivo. Non è solo un nuovo giocattolino per sviluppatori, ma una dimostrazione concreta di come l’intelligenza artificiale stia diventando sempre più capace di interagire col mondo reale digitale in modo autonomo. Già un anno fa Emad Mostaque, CEO di Stability AI, aveva lanciato una provocazione che aveva fatto tremare la Silicon Valley: “Tra cinque anni non ci saranno più programmatori umani”. Una previsione shock, basata sull’aumento vertiginoso dell’uso dell’IA per scrivere codice – basti pensare che su GitHub siamo già al 41%!
Ma davvero l’IA sostituirà i programmatori? Mostaque immagina un futuro in cui le macchine automatizzano gran parte del lavoro di sviluppo, relegando gli umani a ruoli di supervisione e gestione. Tuttavia, non tutti sono d’accordo. L’IA, per quanto potente, non è ancora in grado di replicare le capacità umane di problem solving, pensiero critico e creatività – elementi fondamentali nello sviluppo software. Inoltre, fatica a comprendere le esigenze reali degli utenti e a tradurre visioni strategiche in codice.
Più che una sostituzione, quindi, sembra profilarsi un futuro di collaborazione. L’IA può automatizzare compiti ripetitivi, velocizzare lo sviluppo, fornire suggerimenti per ottimizzare il codice, ma i ruoli chiave rimangono nelle mani degli sviluppatori umani. La progettazione e l’architettura dei sistemi, la definizione degli obiettivi e dei requisiti, il test e la validazione del software, la gestione dei progetti e dei team, l’interazione con stakeholder e clienti: tutti questi ambiti richiedono competenze umane che l’IA non può (ancora) sostituire.
Insomma, l’intelligenza artificiale non è una minaccia, ma un’opportunità. Un’occasione per diventare programmatori migliori, più efficienti, più creativi. Il consiglio? Non temere il cambiamento, abbraccialo! Sviluppa le tue capacità umane, impara a sfruttare l’IA come alleata, e preparati a diventare il programmatore del futuro.
E tu, cosa ne pensi? Si avvererà la profezia di Mostaque? Il lavoro dei developer sarà più efficiente? Cambierà il modo in cui si impara a codificare? Permetterà anche a chi non sa programmare di creare script o risolvere problemi semplicemente “parlando” con l’AI? Le domande sono tante, e le implicazioni enormi.
Una cosa però è certa: la linea che separa chi “sa programmare” da chi può usare l’IA per “far programmare” si sta facendo sempre più sottile. Il futuro del coding è qui, è conversazionale, e sì, è anche un po’ autonomo. Sei pronto a chiedere a ChatGPT di scrivere il tuo prossimo script? Raccontacelo nei commenti, oppure condividi questo articolo sui tuoi social e facci sapere cosa ne pensi: il dibattito è aperto!
L’articolo Il futuro del coding: come l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando la programmazione (e perché non sostituirà i programmatori umani) proviene da CorriereNerd.it.




