Nel panorama in continua evoluzione dell’industria cinematografica e delle arti visive, sta emergendo una nuova forma di narrazione che fonde intelligenza artificiale e creatività umana, aprendo orizzonti fino a poco tempo fa impensabili. È in questo contesto che si inserisce My Robot & Me, un cortometraggio della durata di soli tre minuti, ma dal potenziale rivoluzionario. Diretto da Jarrard Cole e narrato da Joanna Stern, volto noto del Wall Street Journal, il film rappresenta un esempio emblematico di come la tecnologia possa ridefinire il linguaggio cinematografico.
Un’opera breve, ma densa di significato
A una prima visione, My Robot & Me può apparire come un racconto semplice: la convivenza tra una persona e il suo assistente robotico, in un equilibrio fatto di routine, efficienza e un’inaspettata vena di umanità. Ma sotto questa superficie si cela un saggio visivo travestito da racconto. Il film diventa così una riflessione profonda sulla contemporaneità: sull’ossessione per la produttività, sulla crescente delega alle macchine e sul fragile confine tra identità umana e intelligenza artificiale.
La narrazione, sorretta da un tono ironico e lucido, accompagna lo spettatore in un viaggio che unisce estetica high-tech, sensibilità poetica e consapevolezza critica. Non è intrattenimento effimero, ma un’esperienza che lascia tracce, domande, prospettive.
Tecnologia all’avanguardia, ma con un cuore artigianale
Realizzato attraverso alcuni tra i più avanzati strumenti di generazione video tramite intelligenza artificiale – tra cui Google Veo 3, Runway AI, ElevenLabs per la sintesi vocale e Suno per la componente musicale – My Robot & Me non si limita a esibire il potere degli algoritmi. Al contrario, ciò che colpisce maggiormente è l’approccio meticoloso e autoriale adottato nella creazione dell’opera.
Ogni fotogramma è il frutto di un processo creativo intensivo, che ha richiesto la generazione e selezione di oltre mille clip, molte delle quali sono state scartate, modificate o ricomposte. Si tratta di una vera e propria regia aumentata: un ibrido in cui il prompt testuale diventa la sceneggiatura e l’interfaccia AI il nuovo set di produzione. Il risultato è una sinergia tra l’occhio registico umano e la capacità di esecuzione delle macchine.
Non mancano, naturalmente, le imperfezioni: volti che si trasformano in modo surreale, proporzioni corporee innaturali, problemi di continuità narrativa. Ma queste anomalie non indeboliscono il racconto, anzi. Vengono riconosciute e incorporate nella narrazione stessa, grazie anche all’approccio ironico di Joanna Stern, che commenta le incoerenze con un umorismo disarmante: “Non ho fatto chirurgia plastica tra una scena e l’altra”, scherza in una sequenza del film. È in questi momenti che la pellicola assume un calore profondamente umano, capace di far sorridere e riflettere.
Una nuova grammatica cinematografica
Il punto di forza di My Robot & Me non risiede solo nei risultati visivi, ma soprattutto nel processo che li ha generati. Jarrard Cole non ha delegato la creazione all’AI in modo passivo. Ogni scena è stata pensata, riscritta e perfezionata con precisione. In un esempio emblematico, Cole ha descritto nei minimi dettagli un’inquadratura in cui la protagonista esegue delle flessioni, osservata dal suo assistente robotico. Questa cura dimostra che, anche nel cinema generativo, il ruolo del regista resta centrale. L’intelligenza artificiale non sostituisce la creatività umana: la amplifica, la arricchisce, la sfida.
Un altro aspetto di grande rilevanza è l’accessibilità economica di questa forma di produzione. Con un budget di qualche migliaio di dollari – una cifra irrisoria rispetto agli standard dell’industria cinematografica tradizionale – è stato possibile realizzare un prodotto capace di competere sul piano estetico e concettuale con opere ben più costose. Nessuna troupe, nessun set fisico, nessun attore in carne e ossa: solo idee, tempo e una padronanza emergente di una nuova lingua visiva.
L’Italia nella scena della sperimentazione AI
Anche in Italia, la sperimentazione con l’intelligenza artificiale in ambito audiovisivo sta prendendo piede. Una realtà particolarmente interessante è isek.AI Lab, giovane startup che sta producendo cortometraggi interamente realizzati con strumenti AI. I loro lavori – visibili sul canale YouTube ufficiale – si distinguono per l’uso evocativo della tecnologia: racconti poetici, surreali o introspettivi, costruiti con software di generazione testo-video che danno vita a mondi immaginifici. Come My Robot & Me, anche le produzioni di isek.AI dimostrano che l’algoritmo può diventare mezzo espressivo solo quando è guidato da una visione umana consapevole.
L’articolo “My Robot & Me”: il cinema secondo l’intelligenza artificiale, tra visioni sintetiche e cuore umano proviene da CorriereNerd.it.