Qumran tra archeologia, IA e misteri millenari: la rivoluzione dei Rotoli del Mar Morto

Qumran tra archeologia, IA e misteri millenari: la rivoluzione dei Rotoli del Mar Morto

Nel silenzio eterno del deserto della Giudea, tra le rocce bruciate dal sole e le ombre delle grotte di Qumran, un antico mistero si rinnova sotto la luce della scienza contemporanea. I celebri Rotoli del Mar Morto – scoperti tra il 1947 e il 1956 e a lungo considerati tra i più importanti reperti archeologici del XX secolo – stanno vivendo una seconda epoca d’oro, questa volta alimentata non dalla pala dell’archeologo, ma dai calcoli di sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale.

Questi manoscritti, risalenti al periodo compreso tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C., rappresentano una fonte inestimabile per la conoscenza del giudaismo del Secondo Tempio e della nascita delle prime correnti religiose che avrebbero influenzato lo stesso cristianesimo. Frammenti biblici, inni, trattati teologici, testi apocrifi e regolamenti comunitari – attribuiti a una misteriosa setta nota come gli Esseni – compongono una biblioteca sepolta nel tempo, oggi finalmente riletta con strumenti mai così precisi.

Grazie al progetto europeo The Hands That Wrote the Bible, coordinato dal professor Mladen Popović dell’Università di Groningen, l’intelligenza artificiale è entrata nel cuore degli studi biblici, portando un cambiamento metodologico che ha già prodotto risultati sorprendenti. Al centro dell’iniziativa vi è una rete neurale chiamata BiNet, integrata in un sistema più ampio noto come Enoch, capace di analizzare con precisione micrometrica le caratteristiche grafiche delle lettere vergate su pergamena più di duemila anni fa.

Questa tecnologia, sviluppata in collaborazione con archeologi, paleografi e data scientist, combina analisi paleografica e datazione al radiocarbonio in un framework probabilistico basato su modelli bayesiani. L’obiettivo è ambizioso: identificare non solo l’epoca, ma anche la mano – o meglio, le mani – che hanno trascritto i testi. Una sfida che per decenni è sembrata irrisolvibile, e che oggi l’intelligenza artificiale affronta con margini di errore inferiori ai 30 anni. Un livello di precisione senza precedenti, che ha il potere di riformulare le cronologie finora accettate.

I primi risultati di questa rivoluzione digitale sono già di grande impatto. Due casi emblematici, quello del frammento 4QDanielc e del 4QQoheleta, mostrano come l’analisi computazionale sia riuscita a confermare o rivedere radicalmente le ipotesi storiche. Il primo, parte del libro di Daniele, è stato datato con alta probabilità al periodo delle persecuzioni seleucidi (circa 160 a.C.), corrispondente all’ambientazione storica del testo. Il secondo, tratto dal Qoelet (Ecclesiaste), è stato ricollocato al III secolo a.C., collocazione che mette in discussione la tradizionale attribuzione a re Salomone. In entrambi i casi, si apre la possibilità che i testi siano stati redatti da testimoni contemporanei agli eventi descritti.

Questi avanzamenti sono possibili grazie alla capacità del sistema BiNet di identificare schemi ricorrenti nella microstruttura dell’inchiostro e nella morfologia delle lettere, collegandoli a datazioni note e costruendo modelli predittivi affidabili. La convergenza tra scienza dei dati e filologia classica si manifesta così in un esempio virtuoso di interdisciplinarità, che ridisegna i confini della conoscenza umanistica attraverso strumenti propri dell’intelligenza artificiale.

Parallelamente, il progetto Digital Dead Sea Scrolls, sviluppato dal Museo d’Israele in collaborazione con Google, ha reso disponibili online versioni ad alta definizione dei rotoli, aprendo le porte dello studio anche al grande pubblico e alla comunità scientifica internazionale. È possibile oggi consultare digitalmente documenti millenari con un dettaglio tale da superare, in alcuni casi, la visione a occhio nudo.

Tuttavia, non mancano critiche e interrogativi. Alcuni studiosi mettono in guardia contro il rischio di interpretazioni distorte o eccessivamente dipendenti dal machine learning, sostenendo che l’algoritmo potrebbe “vedere” pattern significativi dove in realtà non ci sono. Il dibattito è aperto e tocca un nodo cruciale: come garantire che gli strumenti tecnologici non sovrastino il rigore dell’analisi filologica, ma ne diventino piuttosto alleati?

Ciononostante, il contributo dell’intelligenza artificiale allo studio dei Rotoli del Mar Morto appare già oggi come una svolta storica. La possibilità di mappare scribi, scuole di scrittura, movimenti culturali e linee teologiche con questa precisione apre nuovi orizzonti allo studio delle religioni, della storia antica e della linguistica semitica. La scoperta che gli stili Hasmonae e Herodian possano essere coevi, ad esempio, suggerisce che la diffusione della scrittura e della produzione testuale fosse molto più capillare di quanto si ritenesse, anticipando pratiche culturali che si pensava appartenessero a epoche più tarde.

Anche la cultura popolare ha saputo cogliere il fascino di questi testi enigmatici. Celebre è il riferimento alle “Pergamene del Mar Morto” nella serie anime Neon Genesis Evangelion, dove i manoscritti diventano emblema di conoscenza arcana e verità proibite. Un chiaro segnale di quanto questi testi siano entrati nell’immaginario collettivo, alimentando una narrativa che mescola archeologia, spiritualità e fantascienza.

La nuova stagione di studi inaugurata dall’intelligenza artificiale rappresenta dunque un’occasione straordinaria per rileggere il passato con occhi nuovi, senza perdere il senso critico che deve guidare ogni indagine scientifica. In questa impresa, la tecnologia non sostituisce lo storico, ma lo accompagna, fornendo strumenti inediti per interrogare le fonti. È una sinergia che mette fianco a fianco l’intuito dell’umano e la potenza del calcolo, in un dialogo virtuoso tra memoria antica e futuro digitale.

In definitiva, i Rotoli del Mar Morto non sono soltanto testimonianze archeologiche. Oggi rappresentano anche un banco di prova avanzato per l’applicazione delle tecnologie emergenti all’analisi del patrimonio culturale. E mentre l’intelligenza artificiale continua a scandagliare ogni frammento, la storia – quella vera, quella documentata – si riscrive davanti ai nostri occhi.

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