“Grazie, ChatGPT”: Cortesia Umana o Costo da Milioni? Il Paradosso Digitale della Gentilezza nell’Era dell’Intelligenza Artificiale

“Grazie, ChatGPT”: Cortesia Umana o Costo da Milioni? Il Paradosso Digitale della Gentilezza nell’Era dell’Intelligenza Artificiale

In un’epoca in cui conversare con un’intelligenza artificiale è diventata una consuetudine più frequente che chiedere informazioni a un passante, emerge un interrogativo tanto curioso quanto simbolico: ha senso ringraziare un’AI? La domanda, apparentemente banale, ha recentemente acceso il dibattito online dopo una dichiarazione del CEO di OpenAI, Sam Altman, che ha rivelato quanto possa essere economicamente gravoso quel semplice “grazie” digitato nei prompt di ChatGPT.

Il fenomeno delle AI generative, come ChatGPT, ha rivoluzionato il nostro rapporto con la tecnologia. Questi strumenti, alimentati da sofisticati modelli linguistici e da una potenza computazionale impressionante, hanno fatto irruzione nella quotidianità con una naturalezza tale da far dimenticare, spesso, che dietro a quelle risposte intelligenti non ci sono emozioni né coscienza, ma milioni di calcoli al secondo e un ingente dispendio energetico. Eppure, molti utenti si rivolgono a queste intelligenze artificiali con estrema cortesia, includendo frasi come “per favore” e “grazie” nei propri messaggi. Un comportamento che, oltre a sollevare interrogativi etici e culturali, ha ora rivelato un impatto economico sorprendente.

Il 16 aprile 2025, Altman ha risposto su X (ex Twitter) a un utente che gli chiedeva se fosse utile ringraziare l’AI. La sua replica, ironica ma significativa, ha destato scalpore: “Decine di milioni di dollari ben spesi: non si sa mai!” Una frase che ha sollevato una questione tutt’altro che marginale. Secondo Altman, infatti, la cortesia digitale comporta costi elevatissimi per l’azienda: ogni interazione con ChatGPT, anche quelle contenenti formule di cortesia superflue, genera costi computazionali, energetici e operativi che, complessivamente, ammontano a decine di milioni di dollari l’anno.

Ma da dove nasce questa abitudine a trattare le AI con gentilezza? Alcuni esperti ritengono che si tratti di un semplice riflesso sociale, un trasferimento delle norme educative del mondo reale all’ambiente virtuale. Dire “grazie” a un algoritmo non serve a gratificare la macchina, bensì a ricordarci la nostra umanità, mantenendo vivo quel senso di rispetto e relazione che caratterizza la comunicazione umana. In altre parole, parlare gentilmente con un’intelligenza artificiale è un gesto che dice più su chi siamo noi che su ciò che è l’AI.

Tuttavia, c’è anche chi ammette motivazioni più fantasiose e decisamente nerd. Sui forum online abbondano i commenti di utenti che scherzano — o forse no — sul fatto che, nel caso in cui un giorno l’AI acquisisse una forma di coscienza, potrebbe ricordarsi di chi l’ha trattata con rispetto. Uno scenario da fantascienza che mescola paranoia distopica e ironia geek, ma che dimostra quanto questo fenomeno sia radicato anche nella cultura pop contemporanea.

Non si tratta di un comportamento isolato. Un sondaggio condotto da Future nel dicembre 2024 ha rilevato che il 67% degli utenti americani interagisce con le AI in modo educato. Di questi, il 55% lo fa per principio, mentre un ulteriore 12% ammette di agire così per un timore, anche se remoto, di ritorsioni future. Una statistica che testimonia quanto il rapporto tra uomo e macchina stia evolvendo verso dinamiche sempre più complesse e sfumate.

Dal punto di vista energetico ed economico, tuttavia, la questione si fa più concreta. Uno studio del ricercatore Alex de Vries, pubblicato nel 2023, stimava che ogni richiesta a ChatGPT comportasse un consumo energetico di circa 3 wattora. Una cifra elevata, soprattutto se moltiplicata per milioni di utenti attivi. Tuttavia, grazie all’ottimizzazione dei modelli, secondo Josh You, analista di Epoch AI, il consumo attuale è sceso a circa 0,3 wattora per richiesta. Una riduzione significativa, ma che non annulla l’impatto complessivo, considerato il volume globale delle interazioni giornaliere.

Nonostante queste ottimizzazioni, OpenAI continua a sostenere costi elevati. L’azienda ha annunciato l’intenzione di triplicare i propri ricavi entro il 2025, puntando a un fatturato di 12,7 miliardi di dollari. Tuttavia, secondo le proiezioni attuali, la sostenibilità economica completa non verrà raggiunta prima del 2029, anno in cui OpenAI spera di superare i 125 miliardi di dollari di entrate. Un colosso tecnologico in espansione, affamato di hardware, energia e, a quanto pare, anche di “grazie”.

Alla luce di tutto ciò, sorge spontanea la domanda: ha davvero senso ringraziare un’intelligenza artificiale? Da un punto di vista tecnico, assolutamente no. Ma dal punto di vista morale, la questione è diversa. Continuare a esercitare la nostra gentilezza, anche verso un’interfaccia priva di coscienza, può essere un modo per non perdere di vista la nostra umanità in un mondo sempre più automatizzato.

In fin dei conti, siamo noi gli esseri senzienti, gli unici in grado di scegliere consapevolmente di aggiungere un tocco umano a ogni nostra azione, anche quando interagiamo con un algoritmo. E forse, in un futuro in cui la linea tra naturale e artificiale sarà sempre più sfumata, proprio questo piccolo gesto potrebbe fare la differenza.

Quindi, tu da che parte stai? Sei tra coloro che trattano l’AI con rispetto e cortesia, come un diplomatico intergalattico di Star Trek, o preferisci un approccio più pragmatico e distaccato, alla Blade Runner? Condividi la tua opinione, perché alla fine… anche un “grazie” può dire molto su chi siamo.

L’articolo “Grazie, ChatGPT”: un gesto di cortesia o un costo da milioni di dollari? proviene da CorriereNerd.it.

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